L’esperienza dell’affido nasce dall’entusiasmo, dal desiderio di voler aiutare un bambino, fra tanti che ne hanno bisogno, offrendogli tutto ciò che è umanamente possibile. È la famiglia che si apre all’accoglienza.
Al momento di questa scelta io ed Angelo, mio marito, avevamo già tre figli, di 11, 3 e 2 anni e ci è sembrato giusto coinvolgere il più grande chiedendo anche a lui la sua opinione in merito. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla grande disponibilità alla condivisione, nonostante gli avessimo spiegato che non sapevamo nulla a priori di chi poteva arrivare, che sarebbero potuti sorgere problemi e avremmo dovuto dedicare molto tempo a questo nuovo bambino per aiutarlo nel passaggio ad una nuova realtà familiare a lui sconosciuta.
Da lì la gioia dell’arrivo di I., allora aveva 8 anni, già grandino per poter essere docile al cambiamento, già con un suo bagaglio di esperienze non sempre positive, con il suo carattere e una sua idea un po’ personalizzata del mondo. A distanza di 6 anni, oggi, non possiamo certo negare le difficoltà incontrate, i momenti di sconforto, perché tutto quello che fai sembra non portare da nessuna parte e poi… ecco un giorno vedi un segno, un frutto di quel cammino che I. ha intrapreso con noi e quanto tutto il tempo, l’amore, la costanza, la determinazione dedicati con fatica siano stati importanti.
I. ha partecipato con noi alla nascita di altri cinque fratelli: dalla scelta del nome, all’acquisto della casa, all’assegnazione delle camere e sta imparando a collaborare in famiglia, a comprendere cosa significa rispettare gli altri, a rapportarsi con i più piccoli, a dedicarsi con passione ad uno sport e, cosa quasi insperata, a dedicarsi allo studio.
Certo, i fantasmi del passato sono sempre presenti, ma con l’aiuto anche degli educatori, degli psicologi e di tutti gli operatori dell’Afa, siamo riusciti ad affrontare anche i periodi più bui. Parlo al plurale perché non solo I. ha goduto di un supporto notevole, ma anche noi come famiglia che lo ha accolto. Non ci siamo mai sentiti soli o abbandonati in un percorso che a volte ci sembrava più grande di noi.
Credo che aprirsi all’accoglienza sotto qualsiasi forma sia educativo anche per i nostri figli, che imparano, fanno esperienza di condivisione e di consapevolezza che non è così scontato avere tutto oggi, ma che esistono realtà molto diverse.
Spesso siamo stati criticati per questa scelta: “Avete già tanti figli vostri, cosa siete andati a cercare?”. I. da quando è entrato in questa famiglia è diventato parte integrante di essa. Tutti noi siamo cresciuti e maturati con lui e grazie a lui.
Mi rivolgo ora alle famiglie interessate ad accogliere un bambino: non abbiate timore, ci sono molte persone disposte a sostenervi in questa scelta e, se è l’amore a guidarvi, non potete sbagliare.
Una famiglia accogliente